L’origine della famiglia Mutti risale al XII secolo, proveniente dalle vallate del Taro e del Ceno anche se è nei campi intorno a Basilicanova che i discendenti diedero vita al nucleo dell’attività familiare arrivata sino ad oggi. Fu infatti nel 1899 che il cavaliere Marcellino Mutti fondò la “Fratelli Mutti” con l’obiettivo di trasformare l’azienda agricola, da lungo tempo attiva, in un’industria per la trasformazione e la lavorazione del pomodoro. Già da tempo infatti, con il padre Francesco (1828-1909) e il nonno Giovanni (1804-1894), la famiglia Multi aveva intrapreso un percorso di innovazione nel campo dell’agricoltura, introducendo prassi allora poco usuali al fine di migliorare la resa dei campi e delle stalle.
Ben presto, grazie all’impegno e alla capacità di percepire le innovazioni, Marcellino Mutti divenne proprietario di un’importante tenuta di oltre 150 ettari a Piazza di Basilicanova, fino ad allora appartenuta alla contessa Marianna Politi e poi alla Pia società salesiana di San Giovanni Bosco. Con l’acquisizione dell’azienda, i Mutti incrementarono gli sforzi e instaurarono un rapporto di stretta collaborazione con la Cattedra Ambulante di Agricoltura di Parma, allora diretta dal famoso professor Antonio Bizzozero. Tale collaborazione è testimoniata anche da un diploma dei primi anni del secolo: la Cattedra Ambulante riconobbe ai fratelli Mutti «il merito nella diligente coltivazione del pomodoro», una vocazione che si trasformerà con il tempo nell’attività principale dell’azienda familiare.
A fianco, infatti, dell’azienda di trasformazione di pomodoro, all’epoca, esisteva anche un caseificio: utilizzava moderne caldaie a vapore che lavoravano giornalmente circa 20 quintali di latte, in massima parte ricavato dalle stalle dell’azienda.
Intanto i quattro figli maschi del cavaliere Marcellino Multi (Ferdinando, Ugo, Giovanni, Francesco) dimostrarono ben presto doti spiccate d’intraprendenza, sviluppando un’azienda che divenne protagonista della nuova epoca industriale nella fertile regione padana, e nella provincia di Parma in particolare. Da allora l’azienda si è sempre sviluppata combinando le tecnologie più moderne con la fedeltà alla tradizione e la cultura del prodotto.
Nella prima metà del ‘900 l’azienda conserviera si sviluppò tanto da ricevere riconoscimenti ufficiali per la qualità e l’innovazione fra cui la medaglia d’oro all’Esposizione di Roma (1911) e la Palma d’oro all’Esposizione mondiale di Parigi (1925). Già allora, infatti, la capacità d’innovazione e un’estrema attenzione alla tecnologia molto avanzata contraddistinguevano l’opera del marchio Mutti che divenne, ben presto, un punto di riferimento per gli operatori del settore e per i consumatori.
Come quasi tutti gli industriali della zona parmense, all’epoca, la Mutti era attiva anche nel settore agricolo e zootecnico, ma il mutare dei tempi e lo sviluppo della produzione spinse la famiglia a preferire una maggiore specializzazione che determinò in breve un progressivo abbandono delle altre attività per concentrare tutto l’impegno nel settore della trasformazione del pomodoro.
In quegli anni poi il successo del concentrato di pomodoro fu tale che all’azienda ben presto non fu più sufficiente la materia prima ottenuta nello stabilimento di Piazza, nonostante i continui potenziamenti e rifacimenti.
Fu così che, dopo la parentesi della Prima Guerra Mondiale, l’azienda si impegnò ad acquisirne altre per ottenere maggiori quantità di semilavorati. Si cominciò nel 1927 con la fabbrica di Noceto, e ad essa seguirono in ordine di tempo, fino intorno al 1940, Provazzano (nel comune di Neviano), Rubbiano, Bosco Marengo (Alessandria), Gambettola (Forlì), e Felegara oltre agli stabilimenti di Medesano, Tortiano e La Forca che produssero anche per conto terzi.
Tra il secondo dopoguerra e gli inizi degli anni Cinquanta del Novecento si verificarono importanti eventi per l’azienda. Da una parte infatti, grazie al miglioramento dei sistemi di trasporto, si decise di vendere la rete di fabbriche diffuse sul territorio preferendo movimentare la materia prima, mentre dall’altra ci fu la nascita e la commercializzazione del tubetto di concentrato.
Questo contenitore in Italia fino a quel momento era usato solo per il dentifricio e nessuno lo aveva ancora impiegato per i derivati del pomodoro.
L’idea richiese alcuni anni di sperimentazione per garantire, con la messa a punto di materiali e vernici idonee, la perfetta tenuta di un prodotto, come la conserva, ad alto tenore di acidità.
Ma fu anche necessario proporre un cambio di mentalità nel consumatore, abituato fino a quel momento alla conserva in lattina. Tuttavia il vantaggio di una corretta conservazione del prodotto fino alla fine, decretò ben presto il successo di questa nuova confezione che presentava indiscutibili vantaggi rispetto alle tradizionali scatole.
Il tubetto di conserva nacque nello stabilimento della ditta Mutti con una caratteristica geniale dal punto di vista della comunicazione: quella chiusura «con il ditale» che lo rese unico e lo fece conoscere, appunto, come “il tubetto dal ditale”. Nonostante la concorrenza fosse pronta all’imitazione, il tubetto Mutti, per un ventennio, rimase dominatore assoluto ed ancora oggi la Mutti è leader incontrastata nel settore del concentrato in Italia.
Un altro primato della ditta Mutti è il lancio nel 1970 di un nuovo prodotto, chiamato Polpa. Si trattava di un pomodoro pelato, finemente triturato, successivamente sgocciolato, con una resa in cucina ben superiore a quella del tradizionale pomodoro pelato. Come è facile intuire, essendo un prodotto nuovo, i macchinari per la produzione della polpa vennero “inventati” all’interno dello stabilimento Mutti, dando ancora una volta a questa azienda il ruolo di apripista assoluto. Dopo pochi anni, infatti, la concorrenza sollecitò all’industria specializzata la costruzione di macchinari per la polpa ormai famosa tra i consumatori: ma il metodo di produzione della Mutti rimane tuttora un piccolo segreto e consente una qualità ancora ineguagliata.
La Società, iniziata come impresa familiare ha così continuato fino alla morte di Marcellino Mutti nel 1941. I quattro figli poi hanno proseguito l’attività agroindustriale in un rapporto di Società di fatto fino al 1963 con la costituzione di una Società in nome collettivo. Nel 1979 si trasformava in Società per azioni con capitale diviso a metà tra il dottor Marcello Mutti e gli eredi del dottor Giancarlo Mutti.
Nel 1988 il dottor Marcello Mutti acquisiva l’intero pacchetto azionario e, da quella data, iniziava una forte crescita delle quantità di pomodoro trasformate e del livello di fatturato supportati da consistenti investimenti in immobili e macchinari.
Tale sviluppo era ancora più accentuato quando, nel 1994, il figlio, Francesco assumeva la carica di amministratore delegato; nuovo management, potenziamento della rete di vendita e lancio di nuovi prodotti hanno collocato la Mutti fra le aziende italiane leader nel settore del pomodoro del nuovo millennio.