Nate dal pomodoro. Le Fiere di Parma dalla “Mostra delle Conserve” all’attuale “Cibus”

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Di Giancarlo Gonizzi

Eredi dell’antichissima Fiera di Sant’Ercolano, che si teneva alle porte della città, presso il prato di San Francesco fino al XIII secolo, e delle fiere d’arti e mestieri allestite in epoca napoleonica nel Parco Ducale da Moreau de Saint-Méry, le Fiere di Parma nascevano come organismo autonomo e organizzativo sullo scorcio degli anni Trenta del Novecento quale strumento di promozione e valorizzazione di un prodotto – il pomodoro – che ampia diffusione aveva avuto in area parmense.

Negli anni Venti Parma aveva raggiunto e teneva saldamente la leadership in tutti e tre i segmenti dell’industria del concentrato di pomodoro: la produzione agricola, la sua trasformazione e l’industria meccanica connessa.

La Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari, sorta nel 1922 – a sancire un primato che la città aveva conquistato a partire dal decennio precedente – grazie all’impegno di Giuseppe Micheli (1874 – 1948), uomo politico parmigiano di area cattolica, e di Antonio Bizzozero (1851-1934), tecnico agrario direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura, aveva il compito di innovare e accrescere ulteriormente il comparto.
E sarà il suo primo Direttore, Francesco Emanuele (1896-1976), nativo di Alcamo, in Sicilia e laureato al Politecnico di Torino, che contribuirà ad una seria e profonda trasformazione del comparto grazie al miglioramento genetico delle specie di pomodoro utilizzate (promuovendo la creazione di campi sperimentali per la selezione della semente), all’innovazione delle tecnologie di produzione con il superamento del problema dello smaltimento di bucce e semi, all’innalzamento complessivo del livello di igiene nell’intero processo di lavorazione e all’intensa attività di divulgazione scientifica attraverso la rivista della Stazione Sperimentale, “Industria delle Conserve” fondata nel 1925, apprezzata a livello internazionale e l’organizzazione di convegni specializzati.

Nel corso degli anni Trenta, non ostante crisi economiche generali o specifiche del settore, l’industria conserviera italiana aveva attraversato una notevole fase di espansione. Era tuttavia necessario radicare, in Italia e all’estero, una maggior fiducia nelle conserve e insieme mettere in grado i produttori di aggiornarsi al miglior livello scientifico e tecnico.

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