La conservazione degli alimenti fra storia e cronaca

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Di Carlo Leoni

La storia della conservazione degli alimenti, come tutte le altre storie, ha inizio la notte dei tempi e probabilmente dobbiamo farla risalire alla stessa comparsa dell’uomo sulla Terra.
Conservare un alimento ha infatti questa motivazione fondamentale: permetterne l’utilizzazione differenziata nel tempo e nello spazio, svincolata da limitazioni temporali e logistiche, per cui conservare un alimento per poterlo consumare in tempi e luoghi diversi da quelli di produzione è stata un’esigenza che se non ha interessato i primi esseri umani, che vivevano allo scopo di procurarsi cibo da consumare immediatamente, sicuramente è diventata una necessità per le prime forme sociali del clan, soprattutto via via che esso da nomade si trasformava in stanziale e da quando è iniziata l’attività agricola di produzione vegetale e allevamento animale.

Ma non si vuole ora fare la storia dell’umanità; nessuno ci potrà mai indicare a quale popolo o a quale inventore si possano collegare con certezza i processi di congelamento, essiccazione, salatura e affumicamento, si può senz’altro affermare che tali procedimenti, che stanno alla base di tecniche di conservazione tuttora utilizzate, si possono far risalire alla preistoria dell’uomo. Sicuramente fu la natura stessa a indicare le prime possibilità di conservazione: la frutta che restava sugli alberi, seccava e non perdeva commestibilità, gli animali che restavano sepolti sotto la neve e il ghiaccio o i pesci che restavano inclusi nelle saline naturali sono sicuramente stati i primi esempi di conserve[1]. Il commercio del pesce salato, salato e affumicato si faceva già nell’antico Egitto e presso i Fenici ed era noto ai Greci e ai Romani.
Come metodo di conservazione si sviluppò soprattutto fra i popoli marinari del Nord-Europa (all’olandese William Beukels si fa risalire la scoperta dell’affumicamento delle aringhe nella prima metà del XV secolo, ma si trovano tracce di tale tecnica in documenti inglesi e francesi antecedenti di almeno duecento anni).
L’uso di prodotti salati ed essiccati risale al primo millennio d.C. (esistono bassorilievi romani che riportano sagome di prosciutti), il prosciutto di Parma trova tracce di progenitori nel XIII secolo e nel 1500 Bologna era rinomata per i salumi e gli insaccati, mentre la scoperta dello zucchero determina nel XV secolo la nascita dei primi canditi in Liguria.

L’impiego di un effetto protettivo di sostanze chimiche naturali (resine e balsami) era noto ai Romani (Vitruvio ricorda che dal cedro si ottiene un olio capace di conservare qualsiasi sostanza; il cuoco imperiale Gabrio Apicio nel suo “De re coquinaria” afferma di sapere conservare la carne con il miele, l’aceto, il sale e la mostarda e Palladio, nel IV secolo, raccomandava di conservare le olive facendone strati compatti colmati con miele, aceto e sale).
Bisogna però entrare nella Storia recente, vicina negli anni, seppur estremamente lontana ormai per l’avanzare della tecnica e della scienza, per potere parlare degli alimenti conservati confezionati e, secondo gli schemi didattici usuali, agli avvenimenti che individuano nei programmi scolastici l’inizio dell’età moderna: rivoluzione francese e impero napoleonico.

La conservazione degli alimenti, cioè il complesso di tecniche che permettono di ottenere l’inibizione delle cause di alterazione, precede l’individuazione delle cause stesse (microrganismi, enzimi e agenti chimici e fisici) e trova il suo inizio nell’empirismo geniale di Nicolas Appert, pasticciere in rue de Quincampoix a Parigi, che dopo numerosi tentativi a partire dal 1796 realizza in un piccolo atélier a Ivry-sur-Seine le prime conserve in vasi di vetro[2]: due le intuizioni fondamentali, il riscaldamento in acqua bollente e la chiusura ermetica del vaso in fase di bollitura.
Le stesse che aveva alcuni anni prima individuato l’abate Lazzaro Spallanzani in Italia, senza peraltro darne particolare diffusione, se non in alcuni scritti dei suoi “Opuscoli” e le stesse indicate dallo svedese Scheele per la conservazione dell’aceto (1782).

Ne fa oggetto di una pubblicazione fondamentale, il Livre de tous les ménages, ou l’art de conserver pleusieurs années toutes les substances animales et végétales del 1804, che apre con un assunto sicuramente ottimistico: “Con questo processo, Vi sarà possibile trasferire nella vostra cantina tutto quanto il vostro orto produce in primavera, in estate e in autunno e dopo parecchi anni Voi troverete i vostri alimenti vegetali ancora buoni e sani come quando li avete raccolti e con una certa preveggenza potrete premunirvi per eventuali periodi di indigenza e carestia” e si aggiudica il premio di 12.000 franchi messo in palio dal Direttorio francese per chi avesse presentato il miglior progetto per la fornitura di alimenti conservati all’esercito francese. Nello stesso anno apre la prima fabbrica di conserve a Massy, nella banlieue parigina e i fagioli e i piselli in scatola della ditta Appert sono utilizzati con successo dal presidio militare del generale Caffarelli al porto di Brest.

[1] F. EMANUELE, Industria delle conserve. Milano, Hoepli, 1944[2] M. MARAVAL, Ma pratique des conserves de fruits et legumes. Paris, Ed. Librairie agricole de la Maison Rustique, 1911.