Di Pier Luigi Longarini
Oggi un’azienda dispone di numerosi mezzi pubblicitari per far conoscere il proprio prodotto ai consumatori: quotidiani e periodici, radio e televisione, affissioni, promozioni nei punti vendita, mailing, …
Ma all’inizio del novecento, quando le prime scatole di estratto di pomodoro cominciavano ad invadere gli scaffali delle mesticherie e dei pizzicagnoli, le possibilità erano molto diverse dalle attuali.
L’analfabetismo, soprattutto fra le donne di casa, era molto diffuso ed i (pochi) giornali avevano tirature molto limitate, destinati, com’erano, al ceto più agiato ed istruito e non al popolino.
Vero è che stava cominciando l’epoca d’oro del cartellonismo italiano, grazie soprattutto ad editori lungimiranti quali Ricordi a Milano, o Chappuis a Bologna, per i quali lavorarono artisti famosi, ma ben pochi imprenditori conservieri potevano disporre di capitali tali da finanziare una vera e propria campagna pubblicitaria.
Rimanevano le cartoline, oggi ambitissimi trofei di un collezionismo molto seguito, ma il target al quale si potevano rivolgere era molto limitato: negozianti, distributori, fornitori, ma certamente non la gran massa dei consumatori.
C’era poi un problema di “scarsa visibilità” del prodotto.
Le scatole, tutte della stessa forma e dello stesso formato (principalmente 200 grammi, mezzo chilo ed un chilo) avevano nella stragrande maggioranza gli stessi colori, con predominanza del rosso, a ricordare il pomodoro maturo, del verde, utilizzato per dare colore ai disegni delle foglie e sottolineare, in questo modo, le analogie con il prodotto fresco, ed infine dell’oro, posto nelle bordature, per rimarcare la preziosità del prodotto.
Pericoloso sarebbe stato legare il successo dell’estratto al solo nome del fabbricante, con le ragioni sociali spesso soggette a mutamenti a causa dell’ingresso di nuovi soci ed all’uscita di quelli vecchi.
L’idea, semplice ma estremamente efficace, fu quella di collegare l’estratto di pomodoro ad una immagine facilmente memorizzabile, quale poteva essere un animale, un personaggio famoso, un avvenimento storico od un oggetto molto comune.
In questo modo la massaia avrebbe potuto mandare il figlio dal droghiere con poche raccomandazioni, sicura che questi non avrebbe sbagliato.
“Vammi a comperare una scatola con l’Alpino (o con la Campana o con 1′ Aeroplano)” avrebbe detto al figlio e questi sarebbe ritornato con l’estratto di Rodolfi (o della Conti e Calda o di Luigi Boschi).
Poste in commercio dai primi industriali le scatole di concentrato ed acquisita una certa quota di mercato, la tentazione per i nuovi arrivati di uscire con un marchio simile a quelli già affermati si dimostrò a volte troppo invitante per potervi resistere.
A volte però non si trattava di vero e proprio plagio, quanto piuttosto di semplici variazioni sul tema, non di rado determinate da vecchi soci che aprivano nuove fabbriche e intendevano mantenere un legame con il passato.
Per quanto riguarda i soggetti più rappresentati, decisamente al primo posto troviamo gli animali, con ben 5 aquile (Medioli e Lusignani, Bardiani e Villa, Vitali Giuseppe, Manfredi e Bertozzi, F.lli Polli), 3 galli (Achille Corradi, Calisto Tanzi, S.I.D.A.), presenti anche nella loro versione giovanile (i due pulcini di Annibale Bandini), 3 leoni (la coppia dei Elli Mutti, quello rampante di Alessandrini e Magnani, quello dal volto umano della Valrecchio), 3 cavalli (Cav. Luigi Alessandrini, Ceci e Ghirini, Greci Guerrino), 2 elefanti (Musi e Polon, Vignale), 2 cigni (Poli Pietro, Luigi Ugolotti), 1 bue (Magnani), 1 toro (Rovesti), 1 coppia di colombi (Conserve San Giacomo), 1 volpe (Volpini Giovanni), e 1 tigre (Fereoli Demistocle).
Ben piazzati sono anche i personaggi mitologici con Ercole e Anteo (Società Parmigiana Conserve Alimentari), Sansone (F.lli Cotti), il Centauro (Cav. Guglielmo Mutti) ed i monumenti e gli edifici storici: il Monumento a Verdi (Jenni); il monumento al Parmigianino (Giovanni Guidorossi), il monumento a Vittorio Bottego (Luigi Mutti), l’altare della Patria (Mori, Chiari e Tosi), il Campanile di San Marco (Greci G. e F.) la villa Malanchini di Carignano (Baiocchi e Valentini).
Più esotica l’immagine scelta da Toschi e Ugolotti (La Favorita, ovviamente del sultano) o quella dei F.lli Terrani (il Messicano). Tra i tanti soli (Elli Pagani, Enrico Pagani, Agostino Pagani, Bucci Marcello), non potevano mancare la luna (Ceresini, Ferrari e Silva) e le stelle, in numero di tre (Greci Geremia e Figli), o più numerose (le Belle Stelle di Poli Pietro).
Belle le immagini del dirigibile (Luigi Ranieri) e dell’ aeroplano (Boschi Luigi e Figli), quest’ultimo più volte modificato e sostituito per rimanere sempre al passo con i tempi.
Serie di scatole di conserva di pomodoro italiane databili agli anni Venti del Novecento