Lodovico Pagani (1866-1939) e l’industria del pomodoro

Home/Per saperne di più/Focus su…/Lodovico Pagani (1866-1939) e l’industria del pomodoro

Lodovico Pagani (in prima fila a destra), con la moglie Virginia Peri (sulla sinistra) e gli otto figli: Gaetano, Giuseppe, Odilia, Gino, Adolfo, Italina, Giacomo e Aldo nel 1911 (Parma, Collezione privata).

Tratto da “La Giovane Montagna” del 15.11.1939

È morto il 10 ottobre [1939] nella sua casa di Panocchia il cav. Lodovico Pagani a 73 anni. Una folta corona di figli [Gaetano, Giuseppe, Odilia, Gino, Adolfo, Italina, Giacomo e Aldo], di nuore e di nipoti, oltre la fida compagna della sua laboriosa esistenza [Virginia Peri], lo piangono amaramente. I suoi funerali hanno assunto la imponenza di una pubblica manifestazione di cordoglio.
Il defunto è stato uno dei fondatori dell’industria del pomodoro, che tanta ricchezza ha apportato alla nostra provincia.
Uomo semplice, agricoltore espertissimo, di un buon senso incrollabile, di un fiuto divinatorio negli affari, sicuro conoscitore d’uomini, non volle mai lasciare la sua Panocchia, che è diventata la terra classica del pomodoro.
Egli ci raccontava un giorno, riandando alla sua vita, il sorgere delle prime coltivazioni non ortensi del frutto porporino.
Il Prof. Carlo Rognoni, insegnante di agronomia nel nostro Istituto Tecnico, possedeva un fondo a Panocchia. Pur esso uomo di intelligenza superiore e per di più coltissimo, dopo il 1870 sperimentò al posto del granturco la coltivazione del pomodoro, introducendo questa solanacea nella nostra rotazione agricola. Nel 1876 al Concorso Agricolo Regionale di Reggio Emilia il Rognoni ottenne il premio del Ministero di Agricoltura, che nei suoi Annali lo qualificò «precursore» e «apostolo».
Ma la scienza e la genialità del cattedratico a nulla sarebbero valse, se non fossero sorti agricoltori coraggiosi e volonterosi a tradurre in atto le sue idee, a seminare pomodoro su larga scala e a trasformarlo in conserva. Tra questi uomini, primissimo fu Lodovico Pagani.
Dal pomodoro ab immemorabili si faceva nell’agro parmense conserva dura o in pani, mediante cottura in caldaia fino a caramellarla e successiva essicazione al sole, di color mogano scuro e della consistenza di stucco, e se ne formavano panetti cilindrici ravvolti in carta oleata; si faceva della salsa pure cotta in caldaia, di consistenza quasi liquida, come esce in casa dal setaccio, che veniva posta in boccetti chiusi con cartapecora e sterilizzati a bagnomaria, e infine in filze dette volgarmente flipi di frutti tagliati a metà e dissecati al sole, salati o non salati.
Cosi si andò ancora innanzi fin verso l’ultimo decennio del secolo scorso, aumentando la produzione dei tre tipi anzidetti; e la conserva di pomodoro anche in codeste forme trovava buono smercio al seguito del formaggio e dei salumi parmigiani.
Il progresso portò la cottura in recipiente chiuso a pressione ridotta, ossia la concentrazione nelle boules (così chiamate perché la cosa ci venne di Francia). Lodovico Pagani fu tra i primi a comprendere, a intuire, l’importanza della nuova industria. E vi si diede con prudente risolutezza.
Non venne, come ad altri, la fortuna a Lui e ai suoi. A Lui meglio e più che ad altri, perché Lodovico Pagani sortì da natura, oltre la vivida intelligenza, un carattere riflessivo e tenace, tutto proprio dei nostri uomini dei campi, il quale gli segnò sempre infallibilmente la buona strada, e perché nella fabbricazione del concentrato osservò sempre scrupolosamente le norme dell’igiene o della correttezza industriale.
Fortuna di Lui anche furono i figli, numerosi, laboriosi, disciplinati, i quali, sotto la guida del Padre prima e poscia del fratello maggiore, hanno saputo portare l’azienda agricola e le branche industriali di essa, che dai fratelli Pagani hanno nome, al rango riconosciuto di aziende modello.
Alla memoria di Lodovico Pagani la “Giovane Montagna”, che dalla fondazione lo annovera tra i suoi amici, invia un saluto deferente.