Le fasi della trasformazione industriale del pomodoro

Home/Il Prodotto/Caratteristiche/Le fasi della trasformazione industriale del pomodoro

La trasformazione del pomodoro, dalla stagionalità breve, in prodotti destinati a durare per l’intero ciclo dell’anno ha origini antiche. Pomodori tagliati ed essiccati al sole o spremuti e concentrati attraverso la cottura a fuoco lento, sono testimoniati nelle zone rurali già dal Settecento. Ma solo nella seconda metà dell’Ottocento, parallelamente alla trasformazione della dieta, si è sviluppata una attività, dapprima artigianale e quindi industriale, di trasformazione delle conserve vegetali, che ha trovato nel territorio parmense luogo privilegiato di elezione. Qui, ancor oggi, importanti aziende conserviere, leader nei rispettivi settori di mercato, lavorano quantità enormi di prodotto seguendo metodiche di lavorazione e utilizzando tecnologie messe a punto nel tempo. Proviamo a seguirne, passo passo, le varie fasi, cercando di rendere comprensibili anche alcuni passaggi complessi.

Il processo di trasformazione industriale del pomodoro può essere schematicamente distinto in tre sezioni:

  1. FASI PRELIMINARI, COMUNI A TUTTI I PRODOTTI
    Ricevimento della materia prima, sua valutazione qualitativa, pesatura, operazioni di scarico, invio alle linee, lavaggio e cernita; ricevimento del materiale da imballaggio e degli ingredienti e loro invio alle linee di produzione.
  2. FASI SPECIFICHE PER TIPOLOGIA DI PRODOTTO
    Dopo l’operazione di lavaggio e cernita (comune a tutti i processi) il trattamento che i pomodori subiscono è in funzione dei derivati che si vogliono ottenere:
    – succo, passata e concentrati condizionati in scatola, vetro o in contenitori asettici destinati al consumatore finale;
    – pomodori pelati interi e non interi in scatola o vetro o contenitori asettici destinati al consumatore finale;
    – pomodori non pelati interi in scatola o vetro destinati al consumatore finale;
    – succhi, passate, polpe e concentrati posti in fusti asettici per la successiva rilavorazione o destinati alla vendita fra industrie di trasformazione;
    – sughi e ketchup.
  3. FASI FINALI COMUNI A TUTTI I PRODOTTI
    Etichettatura dei contenitori, confezionamento (fusti, cartone, thermo, ecc.) e immagazzinamento finale.

1.1. RICEVIMENTO POMODORO
Il pomodoro arriva in fabbrica alla rinfusa (cassoni di autocarro o di carro agricolo) o in cassoni (bins) da circa 350 kg. cadauno.

1.2. VALUTAZIONE DEL FRUTTO, PESATURA.
Il pomodoro viene dapprima valutato, prelevandone un campione casuale, secondo regole stabilite in precedenza fra parti agricole ed industriali; in queste sono fissate le percentuali massime consentite di prodotti estranei (frutti verdi, terra e sassi) e quelle di pomodori con leggeri difetti (parzialmente gialli o verdi); dopo questo primo controllo visivo, si valuta il residuo zuccherino del frutto; l’insieme di questi elementi ne determina il valore definitivo. La partita viene quindi pesata.

1.3. SCARICO
I bins vengono scaricati con carrelli elevatori e stoccati temporaneamente nei piazzali; tuttavia, per evitare il deterioramento del prodotto, il periodo di sosta non deve superare le 24 ore. Quando il frutto è conferito alla rinfusa, i mezzi vengono posizionati lateralmente alle vasche di ricevimento; forti getti d’acqua vengono indirizzati sul frutto, facendolo defluire attraverso apposite bocchette disposte sui lati del mezzo e facendolo cadere in canali pieni d’acqua. Con questa operazione si elimina buona parte del materiale inerte (fango, sabbia o sassi) causata dalla raccolta meccanica sul campo e si effettua un primo superficiale lavaggio; prima di essere immesso nelle piscine (o direttamente ai nastri di cernita manuale) il pomodoro passa attraverso il controllo di selezionatrici ottiche che, similmente a quelle operanti sulle macchine di raccolta, scartano i frutti difettosi (verdi, gialli, ecc.); questi verranno utilizzati quale concime naturale nei campi (ammendante), mentre i frutti idonei finiranno invece in piscine piene d’acqua o direttamente sulle linee di cernita manuale.

1.4. STOCCAGGIO TEMPORANEO DEL POMODORO
Il pomodoro che arriva alla rinfusa viene inviato a piscine di stoccaggio (della capacità di circa 100 tonnellate di frutto ciascuna) parzialmente riempite d’acqua, nelle quali i frutti sono mantenuti in attesa dell’invio alle linee di trasformazione. Le operazioni successive allo scarico dei mezzi (alimentazione delle vasche di sosta, loro svuotamento ed invio alle linee di lavorazione del pomodoro) sono effettuate da un operatore, che posto su una cabina dislocata in posizione elevata, è in grado di tenere sotto controllo l’intero sistema.

1.5. INVIO ALLE LINEE DEL POMODORO
Il pomodoro esce dalle piscine mediante l’abbassamento di apposite paratie. Per quello in bins si utilizzano ribaltatori automatici, con caduta delle bacche in vasche di ridotte dimensioni, piene d’acqua. Da qui in avanti, il percorso del frutto è comune ai due sistemi: attraverso acqua via via più pulita, esso perviene ad elevatori meccanici,che lo riversano sulle linee di cernita.

1.6. LAVAGGIO
È indispensabile per eliminare le sostanze estranee (inerti derivanti dalle operazioni di raccolta, parti vegetali verdi e frutti non idonei) dalla materia prima. Dapprima viene effettuato un prelavaggio in vasche piene d’acqua, munite sul fondo, di insufflatori d’aria sotto pressione, in modo da agitare i frutti e permetterne una pulizia più accurata; da questa prima vasca, a mezzo di un elevatore meccanico, il pomodoro cade in una successiva vasca piena d’acqua pulita; da questa parte un lungo nastro a rulli sul quale gli addetti effettuano l’ultimo controllo qualitativo dei frutti. Subito dopo il pomodoro passa sotto getti d’acqua a forte pressione per eliminare le ultime impurità rimaste. Un altro sistema di cernita prevede l’azione meccanica di dischi pulitori dei frutti, che sono presi e sottoposti a un’energica azione di sfregamento, che pulisce la superficie sana e asporta le parti molli (guaste) e che sostituisce, in buona parte, la cernita manuale.

1.7. CERNITA
I pomodori alterati, specialmente se ammuffiti o con marciume, peggiorerebbero la qualità della conserva, deteriorandone sia il colore che il profumo, riducendo altresì la durata del prodotto. I frutti non idonei sfuggiti ai precedenti controlli delle selezionatrici ottiche, passano sotto lo sguardo del personale addetto all’ultima cernita; il loro compito di controllo risulta facilitato dal fatto che i rulli sui quali passa il pomodoro ruotano su loro stessi, facendo così ruotare i frutti ed esponendoli ad una visione completa da parte delle operatrici addette al controllo. Vengono quindi asportati manualmente dal personale addetto a tale compito; il prodotto giudicato non idoneo viene allontanato ponendolo su piccoli nastri meccanici (o idraulici) posizionati sopra quello di lavaggio. Dopo tale controllo, la rulliera che trasporta il pomodoro, assume una posizione inclinata verso l’alto; in quest’ultimo tratto avviene l’ultimo lavaggio con getti d’acqua a pressione. È indispensabile un adeguato sistema di illuminazione ed un frequente avvicendamento del personale addetto alla cernita, perché l’operazione affatica notevolmente la vista e rischia di far perdere la necessaria attenzione. Generalmente a ciascun addetto vengono affidati compiti specifici di cernita: togliere il verde, togliere lo spaccato o il marcio, togliere il materiale estraneo. Fino a tempi recenti tale operazione era ben più faticosa, poiché la mancanza delle selezionatrici ottiche inviava alla cernita una quantità sensibilmente maggiore di frutti non idonei.

1.8. RICEVIMENTO E STOCCAGGIO DEL MATERIALE DA IMBALLAGGIO
Le scatole metalliche ed i contenitori in vetro arrivano su pallets sigillati da uno strato di plastica trasparente per proteggerli dal contatto con gli elementi esterni (pioggia, polvere, materie inquinanti). Il materiale per il riempimento asettico arriva in bobine di poliaccoppiato (brik) o in cartoni chiusi (sacchi asettici). Il materiale plastico, per i fardelli termoretraibili o per l’imballo protettivo dei pallets, arriva in bobine. Il loro stoccaggio in magazzino ne evita il contatto con gli agenti atmosferici, la polvere e la colonizzazione dei parassiti.

1.9. INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA IMBALLAGGIO
Le scatole metalliche e i contenitori in vetro vengono depallettizzati in un’area limitrofa alla zona di confezionamento e quindi inviati, mediante trasportatori a nastro, alle zone di utilizzo. I sacchi asettici ed i tubetti di alluminio vengono portati nelle zone di impiego in imballi di cartone, dai quali sono estratti al momento dell’uso, così come le bobine di poliaccoppiato per i brik.

1.10. RICEVIMENTO INGREDIENTI
Il sale, posto su pallets, arriva abitualmente in sacchi impermeabili da 25 Kg.
Gli ingredienti come erbe, spezie, prodotti carnei, riservati alle produzioni di seconda lavorazione (ketchup e sughi), arrivano nelle modalità idonee per ciascun prodotto.

1.11. STOCCAGGIO E PREPARAZIONE INGREDIENTI
Mentre è bene stoccare il sale alimentare, pur protetto dall’involucro impermeabile in luogo asciutto, prima di essere impiegato in soluzione acquosa o in succo di pomodoro, gli ingredienti di origine vegetale o animale, a seconda delle loro caratteristiche, devono essere stoccati in magazzini idonei alla loro perfetta conservazione nel tempo.

1.12. INVIO DEGLI INGREDIENTI ALLE LINEE DI CONFEZIONAMENTO
Dai serbatoi di preparazione (dissolutori) le soluzioni sono inviate, mediante pompaggio entro tubazioni in acciaio inossidabile, alle vasche di miscelazione. Gli altri ingredienti raggiungono la zona di miscelazione nelle modalità idonee a ciascun prodotto.

2.1. PRODUZIONE DI CONCENTRATO

2.1.1. TRITURAZIONE
Al termine del piano di cernita, il pomodoro viene risciacquato con acqua potabile sotto pressione, quindi sottoposto a triturazione. Il frutto viene forzato a passare tra pettini, alloggiati nell’impianto ed altri posti su un cilindro rotante che si incastrano perfettamente nei primi. Ultimamente si è diffusa l’adozione di mulini a martelli che permettono una triturazione del pomodoro molto più fine tale da consentire il suo più rapido riscaldamento.

2.1.2. SCOTTATURA
Il pomodoro triturato viene inviato alla scottatrice, dove è sottoposto a riscaldamento. Lo scopo del trattamento termico è di agevolare il distacco della buccia nella successiva fase di estrazione del succo. Il calore, infatti, attiva l’azione degli enzimi pectolitici, provocando un rapido distacco dei legami fra buccia e mesocarpo del frutto. Il massimo di attività degli enzimi pectolitici si ha a una temperatura di circa 70-75°C. In base alla temperatura applicata si determinano le caratteristiche e l’aspetto del concentrato:
– Tecnica cold-break. Opera con temperatura tra i 60 e 75°C, ed ha come obiettivo quello di salvaguardare al massimo principi organolettici e qualitativi. Si ottiene un succo più fluido, perché questo trattamento facilita la più forte riduzione delle pectine del frutto.
– Tecnica hot-break. Consente di ottenere la resa massima nell’estrazione superando nel più breve tempo possibile le temperature tra i 45° e gli 80° (dove l’attività degli enzimi pectolitici è massima) ed arrivando a 100° C; il prodotto ottenuto è quindi più denso e viscoso di quello ottenuto con il sistema in cold break.

2.1.3. RAFFINAZIONE
Il pomodoro triturato e riscaldato passa nel gruppo passatrice/raffinatrice al fine di separare bucce e semi dal succo; la massa triturata viene forzata a passare, attraverso l’azione centrifuga provocata da un sistema rotante di sbarre metalliche, attraverso lamiere forate cilindriche o tronco coniche, con setacci dai fori progressivamente sempre più piccoli (da 1,2 a 0,5 mm). Nel primo setaccio (passatrice) i fori di 1,2 mm consentono l’allontanamento dei semi, dei piccioli, delle parti verdi consistenti e di buona parte delle bucce. Le sbarre sono montate in modo da imprimere al triturato un avanzamento continuo (a coclea), mantenendo sempre pulita la superficie del setaccio. Nella raffinatrice i setacci, con luci di passaggio di 0,8-0,6 mm, consentono l’eliminazione dei frammenti di semi e bucce e di altre particelle sfuggiti al transito precedente nella passatrice.

2.1.4. VASCA DI RACCOLTA DEL SUCCO
Il succo viene raccolto in una vasca di acciaio inox, che serve da “polmone” per alimentare in continuo la successiva fase. Per evitare fenomeni di alterazione del succo per eccesso di sosta a temperature ideali per la crescita microbica, che possono causare aumento di acidità nel prodotto finito, la vasca deve essere dimensionata in funzione alle quantità assorbite dalle lavorazioni successive.

2.1.5. CONCENTRAZIONE
Il succo, che contiene inizialmente circa il 95% di acqua, viene concentrato in grandi contenitori, detti “concentratori” o “evaporatori”, fino al raggiungimento della concentrazione desiderata; tali impianti (che possono essere a doppio o multiplo effetto) lavorano a pressioni ridotte (sottovuoto), per danneggiare il meno possibile le caratteristiche qualitative del prodotto. Il vapore vivo, che subisce un processo di condensazione nella sezione di riscaldamento dell’evaporatore, trasferisce il calore rimanente allo stadio successivo, aggiungendolo al calore che si genera dalla soluzione. Il vapore prodotto è nuovamente utilizzato con l’invio nella sezione di riscaldamento di un secondo evaporatore, che, con pressione di lavoro ancor più ridotta, opera a temperature inferiori. Il sistema può essere spinto fino a quattro effetti successivi, con temperature che variano da 40° a 90°C.

2.1.6. CONFEZIONAMENTO
Il concentrato può essere addizionato con circa l’1% di sale da cucina (NaCl).
Il confezionamento del concentrato, dopo un trattamento termico di pastorizzazione per permetterne la conservazione, può avvenire in tubetti metallici deformabili o in scatole di banda stagnata.
La maggior parte del concentrato di pomodoro, condizionato in fusti metallici nei quali viene inserito un sacco in materiale apposito, viene confezionato in asettico (contenitori ed ambiente sterile), ed è destinato alla rilavorazione o alla vendita tra industrie.

Si distinguono quindi due linee di confezionamento.

2.1.7. A – LINEA DI PASTORIZZAZIONE

INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA PACKAGING
I contenitori metallici vengono depallettizzati in un’area limitrofa alla zona di confezionamento e inviati mediante trasportatori aerei a cavo o magnetici, alle singole zone di utilizzo.

RISCALDAMENTO
I trattamenti termici di stabilizzazione sono fissati generalmente in base all’inattivazione di lieviti e bacilli lattici, ottenuta riscaldando il prodotto a circa 92°C in pastorizzatori a fascio tubiero orizzontale riscaldati da vapore o con acqua mantenuta ad una temperatura di alcuni gradi superiore (riempimento a caldo) a quella prevista per il prodotto da trattare; oppure si possono utilizzare pastorizzatori monotubolari in serie. Nel caso della pastorizzazione di concentrati di elevata consistenza (“hot break”, tripli, ecc.), risultano vantaggiosi gli scambiatori di calore a superficie raschiata, costituiti di un cilindro cavo (statore), avvolto da una camicia entro la quale circola il fluido riscaldante (vapore) e di un secondo cilindro (rotore), che, ruota all’interno del primo, sostenuto da un albero. Nell’intercapedine tra i due cilindri viene fatto passare il prodotto con un percorso elicoidale, determinato dalla pressione esercitata dalla pompa di alimentazione e dall’azione di trascinamento del rotore. L’omogeneità del riscaldamento e della durata dello stesso è resa possibile dall’azione di appositi raschiatori in fibra che, mantengono sempre libera la superficie di scambio termico e provocano un continuo rimescolamento del prodotto.

CONFEZIONAMENTO A CALDO
Si utilizzano riempitrici volumetriche a gravità o sotto vuoto. L’elevata temperatura di riempimento consente, durante il successivo raffreddamento, la creazione di una zona depressurizzata (vuoto) e quindi di una minore incidenza delle reazioni di alterazione chimica ossidativa; nel caso delle scatole, anche di una minore incidenza delle reazioni di corrosione delle superfici metalliche.

CHIUSURA CONFEZIONI
Al riempimento segue immediatamente l’aggraffatura (scatole metalliche) o la ripiegatura (tubetti di alluminio).

PASTORIZZAZIONE CONFEZIONI
Dopo la chiusura, le scatole sono lavate con una doccia d’acqua calda, capovolte e mantenute in questa posizione per 2-3 minuti, sufficienti a sterilizzare il fondello prima di essere inviate al raffreddamento. Il confezionamento in scatole o tubetti di piccolo formato (dove l’elevato rapporto superficie esterna/quantità di prodotto provoca un abbassamento molto rapido della temperatura) e quello dei contenitori in vetro (nei quali il capovolgimento della confezione è impossibile) non garantiscono che la temperatura del prodotto caldo possa essere sufficiente per la sterilizzazione delle pareti interne del contenitore. Per questo il riempimento a caldo è seguito da un ulteriore trattamento termico della durata di pochi minuti in bagnomaria bollente.

RAFFREDDAMENTO
Si pratica tramite acqua nebulizzata; il processo viene accelerato quando i barattoli siano sottoposti a rotazione.

ASCIUGATURA
Uscite dalla zona di raffreddamento le confezioni vengono colpite da getti di aria calda per un rapido asciugamento.

2.1.7. B – LINEA DI CONFEZIONAMENTO ASETTICO

INVIO ALLE LINEE DEL MATERIALE DA PACKAGING
I sacchi o le cisterne vengono portati nelle zone di impiego in imballi di cartone, dai quali sono estratti al momento dell’uso.

TRATTAMENTO TERMICO
I concentrati sono sterilizzati utilizzando apparecchiature a scambio di calore indiretto, a tubi concentrici, a triplo tubo o a superficie raschiata.

RIEMPIMENTO ASETTICO
Il concentrato sterilizzato viene inviato ad una zona di sosta, costituita da tubi semplici coibentati o da sistemi a superficie raschiata, per permettere una miglior uniformità ed efficacia del trattamento effettuato.
Il prodotto viene poi raffreddato alla temperatura di 35-40°C. Il raffreddamento può essere ottenuto con scambiatori del tutto analoghi a quelli utilizzati per il riscaldamento, sostituendo naturalmente al vapore un mezzo raffreddante (di solito acqua fredda o liquidi refrigeranti) o mediante sistemi sotto vuoto (flash cooler). In questo caso, si immette costantemente vapore nelle parti “a rischio” di contaminazione microbica. La fase di riempimento avviene in una camera apposita, che deve essere assolutamente isolata da possibilità di contaminazioni esterne. Si innesta il dispositivo di alimentazione nell’apposito foro di ingresso del sacco, a riempire il contenitore ed infine a richiuderlo ermeticamente. Talvolta si inietta anche azoto (gas inerte) sterile per dare una leggera sovrappressione.

2.2. PRODUZIONE DI PASSATA
Per questa produzione si utilizzano varietà di pomodoro ricche di fibra e di pectina. Il processo produttivo si differenzia da quello utilizzato per il concentrato soltanto per l’impiego della tecnica hot break nell’ottenimento del succo; insieme ad una raffinazione non spinta e ad una ridotta concentrazione dello stesso, permette di ottenere un prodotto che, nell’utilizzo gastronomico, aderisce più facilmente alla pasta. Il prodotto viene confezionato in bottiglie, scatole metalliche o brick.

2.3. PRODUZIONE DI PELATI
Si utilizzano varietà di pomodoro di forma allungata, piriformi. I pomodori vengono sottoposti a rapida scottatura a 130-140° sotto pressione: in tal modo la buccia si distacca più facilmente dalla polpa e, con un semplice processo meccanico, viene asportata dal frutto. Un nastro trasportatore lo porta all’ultimo controllo da parte degli addetti, che provvederanno a togliere eventuali bacche non idonee al confezionamento o parti di buccia rimaste. Il prodotto viene poi posto in scatole metalliche, aggiungendo succo di colmatura, ottenuto dalla lavorazione di parte dei frutti non utilizzati per la pelatura. Possono essere aggiunte anche erbe aromatiche (basilico) e sale da cucina. Le confezioni vengono poi chiuse ermeticamente e trasportate alla linea di pastorizzazione o di sterilizzazione.

2.4. I SOTTOPRODOTTI
Dalla lavorazione del pomodoro si ottengono anche le bucce ed i semi che vengono utilizzati come componente dei mangimi per la nutrizione degli animali “da carne”.

3.1. ARRIVO CONFEZIONI
I prodotti arrivano in singole confezioni: le scatole e i tubetti litografati necessitano solo di essere codificati, confezionati in imballo secondario e pallettizzati, mentre i sacchi asettici in contenitori secondari rigidi necessitano anche di etichettatura. Le scatole arrivano dalla linea di preparazione o da un apposito depallettizzatore e, nel caso di lavorazione successiva alla produzione, attraverso nastri trasportatori aerei.

3.2. ARRIVO ETICHETTE
Le macchine etichettatrici e codificatrici sono periodicamente rifornite di etichette, colla e inchiostro.

3.3. ARRIVO MATERIALE DA IMBALLAGGIO SECONDARIO
I sacchi asettici sono immessi all’interno di fusti metallici o altri contenitori rigidi prima del riempimento, in modo che il sacco non subisca danneggiamenti. I cartoni che servono a contenere le confezioni delle scatole metalliche o i tubetti di alluminio arrivano appiattiti e vengono formati al momento.

3.4. ETICHETTATURA
Al termine delle operazioni di riempimento, apposite macchine provvedono ad applicare, sull’imballaggio secondario, le etichette che riportano le caratteristiche del prodotto.

3.5. IMBALLAGGIO SECONDARIO
I barattoli in banda stagnata, a seconda del loro peso, sono confezionati in numero che può andare da 3 fino a 48 pezzi. I tubetti di alluminio sono confezionati, in numero variabile a seconda delle richieste dell’acquirente, in singolo astuccio, in cartoni o in espositori.

3.6. PALLETTIZZAZIONE
Le confezioni destinate al consumo sono inviate ad un pallettizzatore per essere poste, ordinatamente, su pedane in legno. I fusti vuoti da 200 litri, destinati al successivo riempimento in asettico, vengono preventivamente disposti su pallets a gruppi di quattro ed inviati al riempimento. Terminata questa operazione, il tutto viene avvolto in films di plastica per proteggerli dagli agenti atmosferici e per consolidarne la struttura.

3.7. MAGAZZINAGGIO
I pallets con i prodotti destinati al consumatore finale vengono inviati ai rispettivi magazzini di stoccaggio, mentre fusti metallici possono essere posizionati, su aree in cemento o asfalto e sovrapposti fino a tre di altezza, anche all’esterno.