Il pomodoro, forse a causa del suo arrivo tardivo sulla scena europea e ancor più della iniziale diffidenza manifestata nei suoi confronti, è presenza abbastanza rarefatta nel mondo dell’arte. Nei cinque decenni successivi alla sua apparizione in Europa, il pomodoro fu coltivato prevalentemente in giardini d’élite e solo occasionalmente fa la sua comparsa in opere d’arte e pure nel panorama sterminato delle nature morte che pervade la produzione artistica del Seicento e del Settecento risulta in misura assai contenuta.
Escludendo le raffigurazioni dei testi di botanica, la prima rappresentazione artistica conosciuta in Italia del pomodoro è rintracciabile negli affreschi di Francesco Salviati De’ Rossi (1510-1563) nel salone delle udienze di Palazzo Vecchio a Firenze, databili al 1543-1545. Le scene di battaglie tratte dal Trionfo di Camillo, sono adornate con ghirlande di frutti, fiori e ortaggi, in cui compaiono due grossi pomodori.
Nel 1560 Giuseppe Arcimboldi (1527-1593) inserisce due pomodori nel ritratto dell’imperatore Rodolfo II dipinto nelle vesti di Vertumno, il dio romano dell’abbondanza. Il labbro inferiore dell’imperatore è formato da due pomodorini a ciliegia. Un’altra pianta nuova, il mais, forma l’orecchio, e due peperoncini rossi adornano il suo mantello.
Il pomodoro appare in una sola natura morta italiana prima della metà del Settecento: Natura morta con fiori e frutti del Maestro della natura morta Hartford, esposto alla Galleria Borghese di Roma, databile tra gli anni Ottanta del Cinquecento ed il 1607. Nell’angolo inferiore destro si vede un pomodoro fra due peperoncini rossi.
Carlo Magini (1729-1806), fu il primo pittore italiano del Settecento a dipingere pomodori – tondi o costoluti, maturi o verdi – in numerose sue tele, oggi perlopiù in collezione privata, a testimonianza di una famigliarità ormai consolidata nelle Marche, sua regione d’origine, condivisa anche con il conterraneo Sebastiano Ceccarini (1703-1783) che presenta i pomodori in una sua tela, assieme a uova, pane e prosciutto.
Nel XIX e XX secolo la presenza del frutto scarlatto trova sempre più spazio nelle raffigurazioni degli artisti, impegnati, per la nuova sensibilità emergente, a fissare la vita quotidiana, come Gaetano Dura (1805-1878) a Napoli che immortala maccaronari e venditori ambulanti o Achille Beltrame (1871-1945) che fissa nei suoi dipinti le scene agresti della raccolta del pomodoro (1930), come quella che qui proponiamo. Felice Casorati (1883-1963) proprio con il pomodoro infonde nuove emozioni al tema della natura morta (1930 ca.), mentre Renato Guttuso (1911-1987) nella grande e notissima tela dedicata alla Vuccirìa di Palermo (1974), presenta in primo piano una cassa di pomodori fra i banchi del mercato.