Il pomodoro a Parma

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Questa è una storia di successo e merita di essere raccontata. Ma non per smania celebrativa; è che le storie insegnano.

Perché il pomodoro ha avuto successo a Parma e non altrove?
Quello straordinario crogiuolo dell’agro-alimentare che è il nostro territorio, vanta diversi casi dl successo che si assomigliano, come l’allevamento bovino e la produzione del “Parmigiano”, l’allevamento suino e la produzione dei salumi.
Tutte queste storie trovano il nesso nelle soluzioni date al nodo critico del “come” conservare un prodotto fresco e deperibile (non importa che sia latte, carne suina o pomodoro). La genialità e praticabilità della soluzione ha determinato le straordinarie “filiere” dei nostri prodotti tipici.

Il pomodoro di terra parmense e i suoi derivati
Il pomodoro di terra parmense e i suoi derivati

Per il pomodoro, nella seconda metà dell’Ottocento un agronomo innovatore come Carlo Rognoni ne propagandò la coltivazione, sostenendo la sperimentazione agronomica relativa e la divulgazione presso gli agricoltori. È l’epoca dei “Comizi Agrari” e delle “Cattedre Ambulanti”, con grande fermento nelle campagne per le novità che la scienza andava portando.

Altri grandi Maestri, come Bizzozero e Solari predicano le novità, ognuno con un proprio “stile” e una propria caratterizzazione. Le Casse di Risparmio, nate da poco, sostengono le iniziative e si va profilando per le campagne una stagione nuova tra miseria e tensione sociale immanente. Ma non basta coltivare una nuova pianta, occorre che il mercato compri il prodotto che ne deriva.
In quegli anni la scienza mette a punto le prime rudimentali tecnologie per le conserve. Rognoni “intuisce” che per dare un futuro alla coltivazione del pomodoro occorre creare e sostenere l’attività di trasformazione in conserve. Si affacciano così alla storia i “pionieri” dell’industria nascente, che si chiamano Mutti, Pagani, Rodolfi, Pezziol e altri ancora, che daranno vita a delle vere e proprie dinastie di imprenditori.

Ma “l’invenzione” parmigiana critica che farà decollare il sistema “pomodoro” a Parma, il vero colpo d’ala, si chiamerà Stazione Sperimentale delle Conserve e vedrà la luce nel 1922. Da allora l’innovazione tecnologica, l’assistenza alle imprese, il controllo di qualità, accompagneranno uno straordinario percorso, che giunge, ai nostri giorni, alla lavorazione di: un milione di tonnellate di pomodoro nel territorio provinciale.

L’altra “invenzione” tutta parmigiana è di tipo commerciale: la Mostra delle Conserve (antesignana dell’odierno CIBUS) che si andrà affermando a partire dagli anni Quaranta del Novecento.

Oggi Parma esporta in mezzo mondo il suo “Oro Rosso” e la relativa tecnologia e può vantare la più importante fiera alimentare italiana.
Una stona così ricca ha lasciato tracce evidentissime nei modi del vivere e del lavorare, oltre che del produrre. Si tratta di memorie, di persone, di macchine, impianti, confezioni dei prodotti, immagini grafiche e pubblicitarie in parte ancora custodite. Sicuramente da conservare e da raccontare.

Un pomodoro gigante, ricco di storia e di tradizione, viene portato a spalla da due contadini verso la fabbrica delle conserve. Da una pubblicità della ditta Coperchini, Rossi & C. di Noceto, 1920.
Un pomodoro gigante, ricco di storia e di tradizione, viene portato a spalla da due contadini verso la fabbrica delle conserve. Da una pubblicità della ditta Coperchini, Rossi & C. di Noceto, 1920.