La storia del pomodoro

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Le origini
Il pomodoro selvatico, o Solanum racemigerum, è originario del Sudamerica occidentale. Portato nell’America centrale, fu messo a coltivazione dai Maya, i quali svilupparono il frutto nella forma più grande che conosciamo oggi, a sua volta adottato dagli Aztechi, che lo coltivarono nelle regioni meridionali del Messico. Fu qui che Hernán Cortés lo vide durante l’occupazione della regione, fra il 1519 ed il 1521. Dal Messico i semi giunsero in Spagna al seguito di coloni e missionari, che prendendo a prestito il termine tomatl usato dagli indigeni, denominarono tomate il nuovo frutto. I dizionari fissano intorno al 1532 la prima attestazione in spagnolo della parola tomate. Ma in realtà i tomate giunti dall’America erano due.

Pomodoro e Tomatillo
La parola azteca tomatl definiva genericamente una cosa rotondeggiante e rigonfia. A seconda del diverso prefisso indicava il pomodoro (xi-tomatl) o il tomatillo (mil-tomatl), un frutto piccolo e tondo, sempre appartenente alle solanacee, ma ad un genus diverso (Physalis ixocarpa). Gli europei colsero solo il termine generico, creando non poca confusione quando entrambe le piante – pomodoro e tomatillo – giunsero d’Oltreoceano.
Il tomatillo è caratterizzato da un involucro verde che si secca e si spacca al maturare del frutto interno, di un colore verde pallido tendente al giallo e tra gli Aztechi era più conosciuto del pomodoro. Cresceva in mezzo al mais e veniva usato nelle salse con il chili (peperoncino rosso) per fare la famosa salsa verde messicana.
Gli studi botanici della seconda metà del ’500 testimoniano come pomodoro e tomatillo venissero regolarmente confusi tra di loro.

Nuovi cibi dal nuovo mondo

L’incontro tra il Vecchio e il Nuovo Mondo fu l’occasione per una delle più straordinarie operazioni di scambio nella storia dell’alimentazione umana. Assieme al pomodoro sarebbero giunti in Europa il mais, il peperoncino piccante e altre varietà di peperoni, la manioca, il fagiolo, l’arachide, la patata e la batata (o patata dolce), alcune varietà di zucca, il girasole, l’ananas e altri frutti tropicali (avocado, papaya, …), il cacao, la vaniglia ed il tacchino, oltre al tabacco. Sul continente americano arrivarono riso, frumento, orzo, segale e avena, lenticchie, ceci, fave, bietole, carciofi, spinaci, carote, meloni, melograni, agrumi, pesche, ciliegie, vite e olivo, caffè e canna da zucchero. Gli Europei, desiderosi di mantenere nel nuovo continente lo stile di vita a cui erano abituati, portarono con sé via mare anche numerosi animali: cavalli, asini, muli, vacche, maiali, capre, pecore e volatili da cortile ancora sconosciuti in America.

In Europa
Il pomodoro apparve in Europa nella prima metà del’500. In Spagna non trovò subito fortuna. Si è ipotizzato che le prime varietà introdotte in Europa contenessero solanina in quantità così elevata da risultare indigeste. Per questo fu utilizzato come pianta ornamentale o medicinale e a scopo di studio negli orti botanici con una diffusione assai limitata. Solo successive selezioni varietali portarono il pomodoro alla sua completa commestibilità.

In Italia
L’Italia fu il primo paese europeo, dopo la Spagna, a conoscere il pomodoro, grazie agli stretti rapporti esistenti tra i Borbone e le famiglie regnanti dell’epoca e ai domini spagnoli su territorio italiano.Una analisi linguistica dei termini utilizzati per denominare la nuova specie, ci può aiutare nel ricostruire, in via ipotetica, i suoi percorsi di diffusione geografica:

– la Sicilia, che usa il termine Pumurammuri, di derivazione dal francese Pomme d’amour, fu verosimilmente la prima regione italiana che conobbe la nuova pianta, grazie alla diretta influenza spagnola sull’isola; infatti da questa regione provengono le ricette italiane più antiche a base di pomodoro, soprattutto sughi e conserve essiccate;
– la Sardegna, possedimento spagnolo fino al 1720, ed il Nord Italia che usano il termine, variamente declinato, derivato dallo spagnolo Tomate;
– il Centro-Sud Italia che usa il termine colto Pomo d’oro – modificato in Pommarola a Napoli – derivato dalla letteratura classica e dal colore dei primi frutti pervenuti.

La storia “ufficiale” e documentata del pomodoro in Italia inizia il 31 ottobre 1548 a Pisa quando Cosimo de’ Medici riceve dalla tenuta fiorentina di Torre del Gallo un cesto di pomodori nati da semi donati alla moglie, Eleonora di Toledo, dal padre, Viceré del Regno di Napoli.Dalla Sardegna, il pomodoro raggiunse probabilmente Genova diffondendosi anche grazie al clima, in tutta la Liguria e da qui a Piacenza e poi a Parma, all’epoca capitale del Ducato, a Milano, a Novara e a Torino.
La diffusione del pomodoro nel nostro Paese, fu tuttavia assai lenta: la diffidenza iniziale verso il nuovo frutto, non associabile a nessun cibo già conosciuto, ne mortificò a lungo le potenzialità gastronomiche. Solo nel ’700, inizierà il periodo della “sperimentazione” gastronomica che sfocerà nell’800 nella diffusione più ampia che noi oggi conosciamo.