Descrizione
Macchina per la triturazione dei pomodori che provengono dal piano di cernita e hanno accesso tramite una tramoggia collocata nella parte superiore. All’interno della macchina gli utensili sono dei battitori rotanti che urtano il prodotto e lo triturano. La parte inferiore della trituratrice a martelli presenta fori di diametro variabile secondo il prodotto da trattare, che consentono il passaggio del prodotto triturato verso la successiva fase di lavorazione. La macchina è stata restaurata da Gaudenzio Iacci nel 2010.
Scheda pratica
Ambito:
Officina meccanica Vettori e Manghi, Parma
Data:
sec. XX, 1950 circa
Dimensioni:
127x70x90
Materiale:
ferro, ghisa, lamiera
Numero:
015
Note:
Fino a quando erano impiegate varietà tradizionali, per triturare il pomodoro si usarono trituratori a coltelli. Con l’introduzione degli ibridi da raccolta meccanica fu necessario ricorrere ai trituratori a martelli, peraltro di uso più generale. Secondo la tecnica tradizionale, il pomodoro era triturato a freddo (cold break) e poi riscaldato in scambiatori di calore a calandra, detti “brovatrici”, a temperature non troppo elevate per non inattivare i semi, che si recuperavano per l’anno successivo. Il triturato riscaldato, la cui consistenza era stata ridotta dagli enzimi attivati dal riscaldamento, si inviava alla setacciatura per separare i frammenti di pelle e i semi e per ridurre la dimensione dei granuli di polpa. Per il concentrato destinato alla produzione di ketchup, la triturazione era invece effettuata a caldo (hot break, introdotta nel 1936), riciclando sul trituratore una parte del prodotto in uscita dalla brovatrice, così da limitare la macerazione enzimatica e avere una maggior consistenza.
La storia della Vettori & Manghi è emblematica delle dinamiche che hanno caratterizzato il comparto meccano-alimentare parmense nel secondo dopoguerra. Rodolfo Vettori e Ennio Manghi, che nel 1943 avevano avviato un’officina meccanica generica, nel 1948 puntarono sulla progettazione e costruzione di attrezzature per l’industria conserviera e furono i primi a sostituire i fondi di rame con quelli di acciaio inossidabile, importando sia il materiale base sia gli utensili per lavorarlo. Proprio in quegli anni, infatti, l’industria conserviera doveva adeguarsi al contenuto massimo di rame (50 mg/kg) stabilito per motivi igienici dall’Inghilterra e da altri paesi importatori. Negli anni ’50 l’azienda ebbe un grande sviluppo, ma alla fine degli anni ‘60 la crisi del mercato del concentrato di pomodoro comportò una profonda ristrutturazione del settore. La Vettori & Manghi si diede il ruolo di main contractor, per offrire all’estero “fabbriche chiavi in mano”, ricorrendo sempre più alla subfornitura su proprio know how progettuale, sviluppando il segmento di fine linea (dosatrici, aggraffatrici, etichettatrici, pallettizzatori) ed estendendo i settori di utilizzo dalle conserve vegetali alla trasformazione delle carni, del pesce e del latte. Nel 1987, in seguito a una nuova crisi del settore, l’azienda fu venduta alla multinazionale FATA e questa nel 1994 chiuse lo stabilimento di Parma.