Una storia curiose e una raccolta unica nel suo genere a livello nazionale. Dove si può trovare tutto ciò? Al Museo del Pomodoro di Giarola, dove è esposta una collezione, a dir poco inestimabile, di apriscatole. La storia dai risvolti anche ironici ci racconta come l’invenzione di quest’oggetto (avvenuta nel 1855) abbia rivoluzionato la vita di tutti coloro che per diversi decenni hanno provato ad aprire le latte di conserve alimentari (introdotte nel 1810), utilizzando metodi poco ortodossi e a volte anche pericolosi. Oggi vi raccontiamo la storia e la più grande collezione di apriscatole d’Italia.
La conserva in scatola rappresenta un’invenzione rivoluzionaria nel campo della conservazione degli alimenti, con la sua origine risalente al 1810, grazie a Peter Durand che creò la latta in metallo stagnato adatta a tale scopo. Inizialmente, l’apertura di queste scatole rappresentava una sfida significativa, poiché non esisteva alcun oggetto appositamente progettato per aprirle. Le lattine, spesso con uno spessore del metallo superiore al peso del contenuto stesso, richiedevano l’uso di martello e scalpello per essere aperte, come indicato dallo stesso Durand sulle sue latte. Durante la Guerra Civile Americana, in assenza di questi strumenti, i soldati ricorrevano a colpi di arma da fuoco per accedere al cibo conservato al suo interno.
Per quasi cinquant’anni, il problema dell’apertura delle scatole non venne considerato prioritario, fino a quando non si comprese il potenziale di diffusione di questo metodo di conservazione al di fuori dell’ambito militare, rendendo necessario trovare una soluzione per rendere l’apertura più semplice e accessibile anche ai civili. Nel corso del XIX secolo, il processo di produzione delle lattine fu migliorato, consentendo l’ottenimento di scatole con spessori che ne facilitavano l’apertura e in alcuni casi, in particolare per le conserve ittiche e di carne, già dotate di sistemi integrati per facilitarne l’apertura, come piccole chiavi adatte a strappare una linguetta metallica.
Il passo decisivo venne compiuto nel 1855 da Robert Yates, un inglese produttore di posate e lame chirurgiche, che brevettò il primo apriscatole. Questo strumento, che rappresentava essenzialmente una leva, fu il pioniere di una varietà sorprendente di forme e dimensioni che l’apriscatole avrebbe assunto nei decenni successivi. La messa a punto dell’apriscatole segnò un’importante svolta per il successo delle conserve e la loro diffusione nell’uso domestico.
Quella che si può vedere conservata al Museo del Pomodoro di Giarola, vicino a Collecchio, è una collezione unica di oggetti datati tra il 1860 e il 1960, per lo più provenienti dalla raccolta di Carlo Grandi, il più importante collezionista italiano di questi attrezzi. Questi esemplari, provenienti dall’Europa e dall’America e utilizzati sia in ambito domestico che professionale, sono accompagnati dai disegni dei brevetti, istruzioni o confezioni, frutto di un lungo e approfondito lavoro di ricerca. La collezione è anche un vero catalogo che spazia tra i modelli che si sono sviluppati in un secolo di storia sulla base di tre principi meccanici: il taglio a pressione con lama fissa, il taglio rotante verticale sul coperchio, e il taglio rotante orizzontale sul bordo esterno della lattina, sotto il coperchio. La collezione è stata recentemente oggetto di un importante lavoro di schedatura e catalogazione oltre a diventare protagonista di un libro dal titolo “Apriscatole – Storia di un attrezzo da cucina” di Beatrice Dallasta.